Parti comuni
L’articolo 1 della legge 220/2012 sostituisce l’articolo 1117 del codice civile, fornendo una definizione più articolata di «parti comuni» dell’edificio, «oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico». Ad integrazione della formulazione originaria del codice, sono ora esplicitamente inseriti nelle parti comuni: i pilastri e le travi portanti; le facciate degli edifici; i parcheggi; i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune; gli impianti centralizzati per la ricezione radio TV e per l’accesso ad ogni genere di flusso informativo, anche satellitare o via cavo. Il testo propone, inoltre, le nuove diciture di “impianti idrici e fognari” e di “sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e il condizionamento dell’aria” che definiscono impianti che ricadono tra le parti comuni. Il provvedimento specifica che in caso di impianti unitari, si dovrà far rientrare l’impianto tra le parti comuni fino al punto di utenza, salve le normative di settore in materia di reti pubbliche.
Supercondomini
L’articolo 2 della legge di riforma inserisce nel codice civile l’articolo 1117-bis,che estende l’applicabilità della disciplina sul condominio a tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici, ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici, abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117.
Destinazione d’uso delle parti comuni
L’articolo 2 inserisce nel codice civile anche l’art. 1117-ter, in base al quale lamodifica della destinazione d’uso delle parti comuni richiede un numero di voti che rappresenti i 4/5 dei partecipanti al condominio e i 4/5 del valore dell’edificio.Per l’assunzione delle deliberazioni in questione, la norma detta nuove modalità di convocazione dell’assemblea (raccomandata o mezzi telematici), disciplina i termini (affissione dell’avviso negli spazi comuni per almeno 30 giorni), nonché gli elementi che essa deve contenere a pena di nullità (indicazione delle parti comuni da modificare e della nuova destinazione d’uso). L’art. 1117-ter vieta inoltre le modificazioni delle destinazioni d’uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico.
Il successivo articolo 1117-quater detta disposizioni per la tutela contro le attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni. In tali casi, l’amministratore o i singoli condomini possono diffidare l’esecutore di tali attività e chiedere la convocazione dell’assemblea che delibera in merito alla cessazione delle attività, anche mediante azioni giudiziarie, con la maggioranza prevista dal codice all’art. 1136, secondo comma (validità delle deliberazioni a maggioranza degli intervenuti e con voti che rappresentino la metà del valore dell’edificio).